Nato a Verona, 1986. Vive e lavora a Milano.
Sebastiano Sofia crede nella forza autopoietica della materia. La scultura agisce di per sé, purché l'artista l'osservi, la vesta, ci conviva. […]"Quello che il bruco chiama fine del mondo" è il calco del pavimento dello spazio di relax dell'artista, un luogo ameno, che si presume dedicato ad uno dei bisogni biologici elementari. Quell'angolo non toccato dalla battaglia della scultura diventa l'emblema stesso di un rapporto che non si consuma nell'immediatezza.
(Introduzione di Denis Isaia, Wunderkammer, 2016, Galleria Riccardo Crespi, Milano)